Il Milan è un povero diavolo

Rossoneri fuori dalla Champions dopo due finali in tre anni.
L'Arsenal domina, a segno Fabregas e Adebayor.

Il Milan fuori dalla Champions.6 marzo 2008. - Finisce un’epoca. Quella del Milan e dei suoi cavalieri. Incapaci questa volta di proseguire la corsa europea, in quel giardino che come nessun altro hanno imparato a frequentare e dominare. È il capolinea di un ciclo (dal 2001 il Milan non restava fuori dai quarti di Champions), tenuto nobilmente in piedi dal trionfo di Atene, rinvigorito dalla cavalcata giapponese, ma che la giovinezza, la qualità e l’esuberanza dell’Arsenal hanno spolpato e messo a nudo. Se c’è un avversario migliore per perdere, per passare la mano, bene, questi è l’Arsenal, clamorosa organizzazione da gioco, collettivo con una stella polare (Fabregas) che ieri sera ha illuminato San Siro. Ora per i rossoneri comincia la fase più difficile: fuori dalla Champions, quinti in campionato, si ritrovano con l’imperativo di scalare almeno una posizione perché rimanere fuori dall’Europa nella prossima stagione sarebbe un colpo difficilmente ammortizzabile.

Partita strana, ondivaga. Sempre in mano dell’Arsenal. Il Milan chiude in soffitta l’albero di natale, rimette Kakà tra le linee e affida a Pato e Inzaghi i destini dell’attacco. Wenger piazza una doppia diga e fa di Hleb la prolunga per alimentare Adebayor. Come da copione le chiavi del gioco sono nelle tasche di Pirlo e Fabregas. Con lo 0-0 in dote nessuna delle due squadre può giocare a nascondino, il Milan poi meno che mai. Tre corner a ripetizione e un’arpionata di Fabregas sulla linea dopo una girata di Maldini sporcata da Adebayor sono il fatturato dei primi 10’. L’Arsenal? Flamini è il cerbero di metacampo: se la Juve cerca un regista ha sbagliato indirizzo, ma se è a caccia di un aspirapolvere di lusso, bene il francese è l’ideale. Fabregas un direttore che gli orchestrali faticano un po’ a seguire, ma quando succede il Milan va in bambola. Prima di farlo i rossoneri sprecano con Pato, servito da Kakà, il primo colpo secco.

Qui la partita si spacca. Il Milan commette l’errore di consegnare il centrocampo ai Gunners, troppi tre giocatori (Kakà, Inzaghi e Pato) davanti al pallone, la fanteria inglese si muove accerchiando il nemico e piazza le tende nel suo territorio. Sembra basket: esasperata circolazione della palla, Adebayor il pivot che smista, incroci e movimenti per liberare al tiro Fabregas, proprio come fosse un cecchino da tre punti. È il pregio, ma anche la croce dell’Arsenal: nessuno cerca la conclusione sotto misura, tutto passa dalla mira di Fabregas. Adebayor gli dà una mano (28’) e sveglia i riflessi di Kalac, poi lo spagnolo stampa una traversa di destro. Il Milan è come un pugile suonato, prova a tirare pugni ma colpisce solo l’aria. Hleb è devastante, Nesta lo uncina al limite dell’area, l’arbitro Plautz si inventa un giallo per simulazione.

Ancelotti sale in coperta e mette una vela in più al suo centrocampo arretrando Kakà sulla linea dei tre, il Pallone d’oro si parcheggia sul fianco sinistro del Milan e dà una mano nella tempesta. Che non si placa nemmeno nella ripresa. Almeno per dieci minuti, il tempo per Senderos ed Eboue di mettere paura a Kalac. Impressiona tanto la facilità dei Gunners di arrivare alla conclusione quanto la loro idiosincrasia alla stessa. Congelano la partita gli inglesi e allora il Milan prova ad orientarne i destini, ma non è serata da gladiatori (Ambrosini e Gattuso finiscono per pagare le rincorse) e neanche da primedonne. Le voglie di Kakà restano troppo spesso intenzioni, Pirlo è sperduto e asfissiato. Clichy e Walcott graziano Kalac, il Milan sembra rianimarsi ma lo spirito dei campioni d’Europa non è pari alla loro condizione. L’Arsenal sta rannicchiato, poi come una fionda innesca Fabregas. Il gioiello spagnolo brucia Gattuso e spegne la luce sulla partita e sul Milan. La stilettata di Adebayor al ’91, primo gol del togolese in Champions, diventa solo un dettaglio. La notte sul Milan era già calata.

 

(La Stampa.it)