Calcio: è più grave uccidere
o telefonare?

Dopo l'omicidio di Catania. Di Pierangelo Sapegno.

7 febbraio 2007. - La prima cosa che abbiamo imparato tutti venerdì sera dopo Catania-Palermo è che in Italia, per il calcio, è più grave telefonare che uccidere un agente di polizia. I nuovi 10 comandamenti recitano che non devi nominare il nome di Dio invano, quarto onora il padre e la madre, quinto non telefonare se non sei dell'Inter, sesto non fornicare, settimo non rubare, eccetera. La Juve in B, la Fiorentina a -17, ma il Catania in Champions League. Sia chiaro, è giusto che la Juve sia in B. Non è giusto che non ci siano anche il Milan e la Lazio, e che l'Inter continui a sfangarla.

E forse adesso sarebbe giusto radiare il Catania. La seconda cosa che abbiamo imparato è che quando succedono queste disgrazie la vera pena la dobbiamo scontare noi, sorbendoci tutti questi tromboni, - complici e partecipi di un sistema nel quale puoi tranquillamente uccidere un agente di polizia che sta facendo il suo dovere solo per permettere a noi tutti di divertirci -, che si ergono a grandi moralisti, che chiedono rigore e inflessibile giustizia (tanto sanno benissimo che non ci sarà mai nessuna delle due), che fanno finta di versare due lacrimucce e che danno la colpa a tutti gli altri e a loro mai, e che naturalmente parlano dello 0,1 per cento di delinquenti, di una minoranza nel calcio. Eppure sono tutte le domeniche allo stadio, questi autentici farabutti che si spacciano per moralisti, e lo sanno benissimo che non si tratta di una minoranza, ma di un sistema.

Lo chiedo a voi se pensate che sia più grave un processo indiziario come calciopoli di quello che è successo a Catania. Se il Catania - visto che è recidivo e che esiste per legge la responsabilità oggettiva del club - non debba pagare con la radiazione. E perché mai di fronte a una tragedia come quella di venerdì la nostra televisione pubblica ci deve far sorbire le lezioni di Candido Cannavò, uno di quei soloni ormai francamente ridicoli e impresentabili, che di fronte a un morto ci viene a raccontare che il martire della serata è il presidente del Catania Pulvirenti, come se fosse l'unica vera vittima, uomo tutto d'un pezzo che ha combattuto gli ultrà. Ah sì? Allora il giornalista da studio chiede al presidente: ma lei ha ricevuto minacce, dunque... E quello: veramente no. Ha avuto qualche scontro? Veramente no. Risultato: da allora non c'è trasmissione, alla Rai o su Mediaset, dappertutto, dove non ci sia un dirigente del Catania a fare il martire e spiegare le cose come stanno, e se non lo trovano allora cercano un ultras a volto coperto che spiega lui come tutta la colpa sia dei poliziotti.

Sinceramente ho la nausea. Questo calcio non sarebbe da chiudere una domenica o due, sarebbe da chiudere sempre. La verità è che nella serie A esistono due soli presidenti che cercano di opporsi allo strapotere delle curve (blandamente, ma forse di più non possono fare) e sono Lotito e Rosella Sensi. Tutti gli altri sono complici che dovrebbero finire sul banco degli imputati, anche solo per ignavia. Almeno, dovremmo farli tacere quando succedono queste disgrazie, assieme ai loro commensali e ai loro servi con la penna e il microfono in mano. E invece stiamo a prendere lezioni. Voi cosa ne pensate? Viva Pulvirenti e Catania in serie A?

 

Da La Stampa.it