Gattuso: "Non falliremo"
Il centrocampista carica l'ambiente: "Pronto alla battaglia, non falliremo". E sul suo Milan: "Resteremo in A, non si può retrocedere per un trapianto di capelli".

 

DUISBURG (Germania), 20 giugno 2006 - Gennaro Gattuso non è Achille. Non sta sulla collina a osservare lo sviluppo della battaglia. Preferisce buttarsi subito nella mischia. Anzi, ci è già dentro. Lo capisci dalla sua tensione; dal suo furore agonistico controllato. Pronto a farlo esplodere al momento giusto. Il centrocampista del Milan a Casa Azzurri mostra il suo lato migliore: poche parole, ma con le sue parole. Frasi e messaggi diretti, perché il pregio di Rino è di non mandarle mai a dire.

"Come stai?". "Sto bene. Vengo da un infortunio, non sono al massimo, però non sento più dolore. Contro gli Stati Uniti ho giocato come so giocare. Ero consapevole che sarei entrato in un contesto complicato, ma quando uno gioca da un po' di anni a certi livelli sa come comportarsi. Ma me li immaginavo proprio così gli americani. Sapevo che avremmo incontrato difficoltà. Avete fatto troppi elogi dopo il Ghana. Eccessivi".

NAZIONALE DI TUTTI - Ne è cosciente soprattutto Marcello Lippi, che lo considera un punto di riferimento, il simbolo del non mollare mai. L'uomo che deve dare la scossa. "Questa non è la Nazionale di Gattuso - risponde a un giornalista che ne esalta la personalità -. La vogliamo finire? Questa è l'Italia di tutti. Non è di Totti, né di Del Piero. I Mondiali si vincono in 23, con il gruppo, magari con due o tre personaggi di spicco nella rosa. Vi ricordate la Grecia agli Europei?".

DUE CERTEZZE - Gli sbattono in faccia le notizie che arrivano dall'Italia sul Milan. Il dossier di Borrelli, le ipotesi di retrocessione. "Possono scrivere quello che vogliono. Io sono sicuro che resteremo in serie A. Ma se dovesse accadere qualcosa io non avrò problemi", facendo intendere che seguirebbe la sua squadra ovunque. Rino ha due certezze: "Macché retrocessione: non si può mandare in serie B un club per un trapianto di capelli (riferendosi a un'intercettazione di Meani che lo offriva a un interlocutore; n.d.r.). La Nazionale? State tranquilli, rimarremo qui il più a lungo possibile".

DE ROSSI E GLI ARBITRI - "Io dare consigli a Daniele? E' dura, sono il meno indicato. Quando gioco lo faccio con una carica agonistica superiore ad altri. Non chiedetemi certe cose: io devo sempre contare fino a dieci. Ho parlato con De Rossi; mi dispiace per lui, è così un bravo ragazzo". E aggiunge: "Sembra quasi che noi siamo i più cattivi del Mondiale. Non siamo l'unica Nazionale che prende cartellini rossi. Non sarà bello per la nostra immagine, però mi sembra che gli altri non giochino sul velluto". Sugli arbitri del Mondiale svela una cultura invidiabile: "Rosetti sta facendo bene, ma dirige all'italiana. Gli altri hanno metodi diversi. Io prima delle partite mi informo sui fischietti. Voglio sapere chi sono, se ci posso parlare. De Santis? Lasciamo perdere".

L'IRA DI NEDVED - Giovedì avrà di fronte Pavel Nedved. Qualcuno li accomuna per grinta e carattere. Ride come un matto: "Io uomo chiave come Pavel? Ma fatemi il piacere. Io devo rubare palloni, devo lottare. Io quando tiro sono una 'ciofeca', lui no, è un grande. So solo che ci farà soffrire. Nedved afferma che si butta per rifiatare? Non voglio fare polemiche: io ho il difetto di tenere le mani alte, lui di cadere. Diversi modi di giocare".

LIVELLAMENTO - "Dobbiamo smetterla di dire che ci sono partite facili. Non esistono più. C'è stato un livellamento, perché le cosiddette squadre piccole sono cresciute tecnicamente e agonisticamente. Ma li avete visti gli Usa? E l'Australia? So solo che sono già teso adesso e che dormirò fino a due ore prima della partita con i cechi. Mi chiedo come fate ad affermare che è bello giocare queste partite. Non c'è niente di bello".

LA JUVE E I CALCIATORI - "Come mi sento dopo lo scandalo? Io ho sudato, ho fatto fatica, ho litigato con gli arbitri. Se tutto questo è vero, sono stati bravi, non me ne sono accorto. Ma se avessi avuto dei dubbi, conoscendomi, secondo voi non avrei avuto il coraggio di sparare a zero in sala stampa dopo certe partite?". Per poi ammettere onestamente: "Noi giocatori la parte migliore del calcio italiano? La mano sul fuoco sul cento per cento non la metto, ma mi fido della stragrande maggioranza. E basta con gli ex calciatori che sparano a zero in televisione; mi danno fastidio; che diano un aiuto più concreto, piuttosto. Dobbiamo stare vicini ai giovani, aiutarli a crescere bene".

E si congeda mandando un messaggio rassicurante: "Andremo avanti, non preoccupatevi, con tutto il rispetto per la Repubblica Ceca. Dobbiamo vincere e basta". Ma serviranno undici Gennaro Gattuso, perché concludendo al primo posto nel girone, Berlino non sarà più una semplice idea.