Italia beffata in Spagna

Si arrende a un gran gol di Villa, ma non sfigura.
Traversa di Camoranesi.

27 marzo 2008. - Il gol di Villa, imparabile, a pochi minuti dalla fine ha rovinato la serata a Donadoni in quella che sarà probabilmente la penultima amichevole della sua gestione. Fino a quel momento una rete annullata, forse ingiustamente, a Toni e una traversa di Camoranesi avrebbero fatto pensare a una grande Italia. Non esageriamo, l’aspetto più confortante con cui si esce dall’1-0 contro la Spagna è l’esordio di Borriello, uno che salirà sul pullman per l’Europeo. Per il resto non si è andati oltre una comprovata solidità e un po’ di coraggio in avvio di ripresa quando è cresciuto Camoranesi.

Gli spagnoli non amano il nostro calcio ma ne ammirano la competitività. Sarà per questo che nei preliminari hanno cercato di togliere alla Nazionale l’identità, suonando un brano che poteva essere qualunque cosa tranne l’Inno di Mameli. Bella gaffe, in una notte ventosa, con i turbini di sabbia e i sacchetti di plastica e le cartacce che svolazzavano per il campo, quasi fosse una discarica napoletana. Gli italiani schierati più o meno sull’attenti si guardavano senza sapere come comportarsi, un po’ come sarebbe successo pochi minuti dopo, quando l’arbitro austriaco annullava a Toni un gol di testa sulla punizione di Pirlo: gli azzurri (ieri in maglia bianca) si interrogavano l’un l’altro senza capirne il motivo. Pare che Stuchlik avesse visto una spintina di Cannavaro, come non vedeva nel 2º tempo un fallo da rigore di Gattuso su Villa.

L’inizio dell’Italia era confortante. Il seguito, meno. Perché la Spagna incompiutissima di sempre ha comunque la capacità di mandarti in crisi con il palleggio, come la Roma all’ennesima potenza. Iniesta, Xavi, Fabregas formano una batteria di centrocampisti mobili e dal piede rapido, Sergio Ramos è un terzino dalla spinta poderosa, agevolata dal trovarsi di fronte Di Natale, Fernando Torres è una combinazione di tecnica e potenza che Materazzi ha provveduto a mazzuolare: con questa tecnica un mese fa si fece sbattere fuori nell’Inter a Liverpool, la casa adottiva del 24enne spagnolo. L’ultimo test concesso a Donadoni è stato interlocutorio. Al ct rimane soltanto l’amichevole contro il Belgio, il 30 maggio a Firenze, per registrare la squadra che ha in testa anche se non ha deciso come schierarla. Ieri l’ha provata col modulo della Roma, un 4-2-3-1 già visto a Siena e Modena, contro avversari sfigatissimi come Sudafrica e Far Oer.

Forse ha agito nel Dunadun l’esigenza di collocare in qualche modo De Rossi, che è il centrocampista di miglior rendimento in campionato, mentre in Nazionale è stato molto sacrificato al trio dei milanisti, di cui a Elche è sopravvissuto nella formazione iniziale solo Pirlo. In teoria quella è una coppia di mediani-registi come se ne vedono poche al mondo; in concreto s’è notato più di un intoppo, soprattutto in De Rossi che nella Roma tiene in mano il gioco mentre con Pirlo perde un po’ di sicurezza e infatti lo si è visto di più dopo l’uscita del milanista. C’era molta Spagna. Avremo anche acquisito un mentalità più offensiva, ma siamo sempre pronti ad arroccarci. Le azioni di attacco si limitavano a qualche contropiede sventagliato dalla difesa, più che costruito dal fraseggio. E c’era sempre la frattura sulla sinistra dove Di Natale controllava Ramos con una corda di burro e Grosso faticava ad arginarlo.

Per fortuna Buffon non si faceva ingannare dal vento, come l’incerto collega Casillas: due volte il portiere azzurro si superava, al 37’ sulla botta ravvicinata di Torres e al 47’ sul tiro radente di Fabregas, messo in angolo. I minuti delle occasioni spagnole testimoniano di come sul finale del tempo il gioco passasse per i loro piedi mentre in avvio di ripresa l’Italia si faceva più pericolosa e colpiva la traversa al 5’ con Camoranesi che proprio come nella Juve si eclissa spesso nei primi tempi e riaffiora nei secondi. I molti cambi trasformavano le fisionomie nell’ultima mezz’ora. Meno spunti, se non per il bell’impegno di Borriello e per il pubblico che invocava Raul, escluso dalla Nazionale. A ciascuno il suo Del Piero. Finché un mezzo errore di Cannavaro dava agli spagnoli e a Villa la gioia del successo.

 

(La Stampa.it)