18 febbraio 2011. - Entra su un cavallo bianco, con un gran tricolore in mano ed attacca in sordina, con un climax progressivo, divertente e commosso, che ci ricorda da quale passato veniamo e ci induce ad essere degni dei nostri padri. Una lunga (molto più della mezz’ora prevista) esibizione quella di Benigni ieri sera, nella puntata di Sanremo dedicata ai 150 anni dell’Unità d’Italia, in cui non sono mancate battute sull’attualità politica e sul Festival, ma, soprattutto, ha colpito l’appassionata parafrasi dell’inno di Mameli e la ricostruzione commossa e commovente del nostro Risorgimento.
 


Certo, le battute sui politici hanno scandito il suo intervento (soprattutto nella prima parte del suo monologo) ma proprio questa sua capacità di accostare continuamente i grandi artefici del nostro Risorgimento alle vicende attuali, è parsa ai più un autentico monito a scuoterci dal nostro presente.

Il suo monologo è stato uno dei momenti più belli della storia recente della televisione italiana: una straordinaria lezione di storia, una dichiarazione d’amore verso l’Italia, una critica a chi vuole dividere una nazione così bella. Accompagnato da polemiche (poche) fatte piu' per dovere di partito che per credo intellettuale legate al compenso, l’attore toscano, in oltre quarantacinque minuti, ci ha detto da dove veniamo ed indicato, di conseguenza, chi dovremmo essere.

Una lezione di storia e di etica, degna di una letio magistralis, che da sola avrebbe giustificato un Festival che, già ora, è forse il più riuscito degli ultimi anni. Alla fine la platea ha applaudito in piedi, dopo che il grande Roberto aveva, commosso, cantato, con un filo di voce, l’inno di Mameli, trascinando nell’ondata emotiva il Teatro Ariston (compreso i ministri La Russa e Meloni, il direttore generale Mauro Masi e il presidente Paolo Garimberti) e l’Italia Intera. Fra le altre cose (tutte sottilmente inserite in un discorso davvero ispirato), Benigni ha ricordato che il sacrificio di tanti che hanno consentito al Paese di esistere unito, merita almeno un giorno di commemorazione.

Il 10 scorso è giunto, a sorpresa, l’annuncio di Mariastella Gelmini, ministro dell'Istruzione, in base al quale le scuole potrebbero restare aperte per festeggiare in classe l'avvenimento con iniziative ad hoc. Roberto Calderoli, ministro della Semplificazione legislativa ed esponente di punta della Lega ha, nei giorni scorsi, optato per la soluzione suggerita dalla presidente di Confindustria: ''In un periodo di crisi come quello attuale appare paradossale caricarsi dei costi di una giornata festiva''.

Ieri c'e' stata una conferenza stampa a Sanremo con Ignazio La Russa, ministro della Difesa, Giorgia Meloni, ministro della Gioventu', e i rappresentanti dei vertici della Rai per presentare la serata del Festival dedicata all'unita' d'Italia e le iniziative del servizio pubblico in cantiere sulla ricorrenza. In un successivo collegamento con il Tg3 delle 19, La Russa ha espresso la propria opinione sulla decisione in discussione nel Cdm di oggi: ''Posso dire con certezza che il governo decidera' e gli italiani che sanno come sia importante celebrare i motivi della nostra unita' potranno essere contenti''.

Ieri sera Benigni ha rammentato a tutti (soprattutto a chi quell’Unità vorrebbe marginalizzarla), che il sangue versato per fare della nostra un’unica nazione merita di essere ricordato e che l’Unità va sempre di pari passo con le autonomie e i federalismi, come in America, ma non per questo va sottaciuta o minimizzata. Eì stato torrenziale, irrefrenabile, trascinante Roberto, un funambolo dell'arte retorica e dell'incantesimo storico, che ha ricordato a Bossi che “a essere schiava di Roma non è l'Italia, ma la vittoria”.

La bandiera tricolore, la lingua dell'Alighieri e di Petrarca, il sangue dei nostri giovani eroi non sono elementi di un mediocre populismo, ma rimandi alti e strumenti forti per un orgoglio nazionale troppo spesso vacillante. E ci ha regalato, anche, perle di saggezza, quando a ricordato agli infelici di inseguire comunque la felicità e a tutti che: “l’unica maniera per realizzare i propri sogni è svegliarsi“. Ieri sera Benigni ci ha mostrato il volto migliore dell’Italia e degli italiani: giullari con animo di poeti, smemorati spesso, ma sempre in grado di sorprendere, soprattutto nei momenti peggiori.

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18 febrero 2011. - Aparece en un caballo blanco, con una gran bandera en la mano y ataca sutilmente, con un clímax progresivo y divertido, que nos recuerda de donde venimos y nos impulsa a ser dignos de nuestros padres. Una larga exhibición (más de la media hora programada) la de Benigni en el episodio de San Remo dedicado al aniversario 150 de la unificación de Italia, durante la cual no faltaron los chistes sobre la actualidad política y sobre el Festival, pero, sobre todo, impresionó la apasionada paráfrasis del himno de Mameli y la reconstrucción conmovida de nuestro Resurgimento.

Por supuesto, los chistes sobre los políticos marcaron su presentación (sobre todo en la primera parte del monólogo), pero precisamente esta capacidad de acoplar continuamente los grandes arquitectos de nuestro Resurgimiento con realidad italiana actual, representó para muchos la invitación más genuina a sacudirnos de nuestro presente.

Su monólogo fue uno de los mejores momentos de la historia reciente de la televisión italiana: una lección de historia única, una declaración de amor a Italia, un crítica para quienes quieren dividir un país tan hermoso. Acompañado por controversias (pocas) que se debieron más a deberes de partido que a convicción intelectual, el actor originario de Toscana, en poco más de cuarenta y cinco minutos, nos dijo de dónde venimos y señaló, por lo tanto, lo que debemos ser.

El pasado día 10 llegó, sorpresivamente, el anuncio de Mariastella Gelmini, ministro de Educación, en virtud del cual las escuelas podían permanecer abiertas para celebrar en clase el acontecimiento con iniciativas ad hoc. Roberto Calderoli, ministro para la Simplificación legislativa y un destacado exponente de la Liga ha, en los últimos días, optado por la solución propuesta por el presidente de Confindustria: "En una crisis como la actual parece paradójico correr con los gastos de un día festivo".

Ayer hubo una conferencia de prensa en San Remo con Ignazio La Russa, ministro de Defensa, Giorgia Meloni, ministro de la Juventud y representantes de la RAI para presentar la noche del Festival dedicada a la unidad de Italia y las iniciativas gubernamentales para la ocasión. En una posterior conexión de La Russa con el TG3 de las 19 horas, el Ministro expresó su opinión sobre la decisión que tomará hoy el gobierno: "Puedo decir con certeza que el gobierno va a decidir y los italianos que saben lo importante que es celebrar las razones de nuestra unidad estarán felices".

Ayer por la tarde, Benigni recordó a todos (sobre todo a aquellos que quisieran hacer a un lado esta unidad), que la sangre derramada para unificar nuestra nación merece ser recordada y que la unidad siempre va de la mano con las autonomías y los federalismos, como en los Estados Unidos, pero no por esto tiene que ser minimizada. Roberto fue torrencial, implacable, arrastrador, un equilibrista del arte de la retórica del hechizo histórico, y también le recordó a Bossi que "la esclava de Roma no es Italia, sino la victoria".

La bandera tricolor, la lengua de Alighieri y de Petrarca, la sangre de nuestros jóvenes héroes no son elementos de un populismo mediocre, sino referencias altas y herramientas fuertes para un orgullo nacional con demasiada frecuencia inestable. Y nos regaló, también, perlas de la sabiduría cuando recordó a los infelices que hay que seguir buscando la felicidad y a todos que: "la única forma de realizar los sueños es despertándose". Ayer por la tarde, Benigni nos mostró la mejor cara de Italia y de los italianos: bufones con espíritu de poetas, a menudo olvidadizos, pero siempre capaces de sorprender, sobre todo en los peores momentos.