Usa: passione per l'Italia

L’amore degli Stati Uniti per il made in Italy
non conosce crisi.

1 aprile 2010. - La passione degli Stati Uniti per il made in Italy non conosce crisi, anzi modella sempre di più il gusto americano. Lo sottolinea in una intervista al blog "Emigrazione Detroit" l’Ambasciatore italiano a Washington, Giulio Terzi di Sant’Agata, facendo il punto sulle prospettive dell’export italiano oltreoceano.

E ammirando il design italiano della Collezione Farnesina Design, “esattamente l’immagine che attira così tanto l’interesse degli Usa”. Rispetto all’interesse degli Usa verso il made in Italy negli ultimi anni “c’è stata una evoluzione verso il design sofisticato, simbolo della qualità della vita in Italia – spiega Terzi a emigrazionedetroit - Il gusto americano, da anni, coincide con i grandi valori della tradizione culturale italiana, che si esprime attraverso l’arte contemporanea nelle sue forme più alte, come dimostra la richiesta incessante da parte delle istituzioni culturali americane di esposizioni, presenze e manifestazioni della cultura italiana”.

Nonostante la crisi “il made in Italy negli Usa si è confermato in modo brillante, nonostante la recessione economica che ha comportato una certa sofferenza per le nostre esportazioni, anche a causa del rafforzamento dell’euro sul dollaro. Il valore assoluto delle nostre esportazioni continua ad essere la meccanica con le macchine utensili e la componentistica. Parliamo di un business da cinque miliardi di dollari l’anno. Poi ci sono l’agroalimentare, tre miliardi di dollari, la moda e il design (altri cinque miliardi di dollari), settori che hanno risentito della crisi meno di altri, perché sono ormai radicati nel gusto e nella mentalità americana.

E non dimentichiamo la ricerca farmaceutica, la biotecnologia: almeno due miliardi di dollari l’anno. E secondo l’ambasciatore, “in un periodo difficile per i consumi, vi sono comunque delle opportunità di investimento. Quello americano non è un mercato saturo, e ci sono molti Stati in cui c’è tanto da fare per i nostri marchi. E non parlo soltanto di beni di consumo, ma anche di beni strumentali e di contratti per grandi opere.

Del resto, grandi realtà industriali italiane operano già da anni negli Stati Uniti attraverso società americane, conquistandosi fette di mercato nei settori della difesa, dei trasporti, delle infrastrutture e dei servizi. Presenze solide di gruppi come Finmeccanica, Fincantieri, Mediaset, Italcementi, Bracco, Brembo, Pirelli, Ferretti, Eni e Enel, insieme con tante altre grandi e medie aziende. A riforma avvenuta, il Mae del futuro dovrà sempre più promuovere il sistema Italia all’estero, soprattutto attraverso la sua rete diplomatica. “La promozione del sistema Paese con una tecnica di squadra è fondamentale in tutto il mondo, e soprattutto negli Stati Uniti.

La forza attraente dell’economia americana si basa infatti sulla volontà politica di mantenere la leadership mondiale nel campo dell’innovazione. Fare sistema significa anche far capire ai nostri uffici di rappresentanza che se agiscono isolatamente hanno poco peso. Se le informazioni al contrario circolano, una grande struttura come il Mae, associata alla realtà imprenditoriale, può creare una grande massa critica che può competere su tutti i mercati. Non è un discorso nuovo, ma la riorganizzazione del Mae mira a creare un salto di competitività per il sistema Italia.

 

(NoveColonne ATG)

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