Viaggio sulle Antiche tracce
del trittico di Beffi

Per saperne di più di un’opera d’arte simbolo dell’Abruzzo
in tour in alcuni musei USA. di Antonio Bini.
 

5 marzo 2010. - Negli Stati Uniti oggi l’opera rappresenta una sorta di simbolo dell’immenso patrimonio culturale dell’Abruzzo da salvare dopo il terremoto dello scorso anno. Il trittico dopo essere stato esposto presso la National Gallery of Art di Washington (http://www.nga.gov/exhibitions/beffiinfo.shtm), dove è stato ammirato da oltre 300 mila visitatori, si trova ora presso il Museum of Art di Reno, Nevada (http://www.nevadaart.org/exhibitions/detail?eid=159).

Prima del terremoto, si trovava a L’Aquila, presso il Museo Nazionale, ubicato nel castello spagnolo, rimasto danneggiato dal sisma, con conseguente trasferimento di numerose opere in altre sedi.


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Le notizie diffuse sul Trittico del Maestro di Beffi non vanno oltre la provenienza dal museo aquilano.

Per comprendere più a fondo la sua storia abbiamo voluto andare alla ricerca del Monastero di Santa Maria del Ponte, per cui l’opera era stata concepita ed esposta per cinque secoli.

L’antico monastero, che si trova a 30 Km da L’Aquila, in direzione Sulmona, nel territorio del comune di Tione degli Abruzzi, nelle vicinanze del fiume Aterno, si erge ancor oggi isolato nei pressi di un piccolissimo e suggestivo borgo fortificato cui dà il nome. Siamo nel cu

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ore dell’Abruzzo, nel Parco Sirente-Velino.

La prima volta che ricorre il nome del Monastero è in un documento del 1138, borgo arricchito nei secoli successivi dalle due chiese di S. Lucia e S. Pancrazio. L’antica cinta muraria, ancora discretamente conservata, mostra due splendide porte di accesso ogivali.

A poche decine di metri sorge l’antica chiesa-monastero di S. Maria del Ponte (o anche di S. Maria Assunta), che sembra sia stata edificata da preti Equiziani nel sec. XI su un tempio pagano (V – VI secolo) per divenire poi monastero benedettino. Altri autorevoli storici la fanno risalire all’anno 1000.

Da un primo impianto, ipoteticamente ad unica navata, si giunse ad un organismo a tre navate, attraverso una radicale operazione di rinnovamento attuata nel XIV secolo. Questa dilatazione progressiva di uno stesso edificio, dal secolo XIV in poi, si spiega dalla cresciuta popolazione dei due paesi: Santa Maria del Ponte e Tione.

Anche la Chiesa di S. Maria del Ponte è stata lesionata e danneggiata in più punti, soprattutto nelle parti aggiunte nel tempo ed è stata dichiarata inagibile.

Con amorevole cura gli aderenti all’Associazione culturale - che porta il suo nome - hanno pazientemente raccolto e custodito le parti crollate sperando che in un prossimo futuro possano essere acquisite le risorse per l’auspicabile restauro di questa splendida testimonianza dell’architettura religiosa abruzzese.

Entriamo con cautela ed emozione. La chiesa, solitamente chiusa (come tante antiche solitarie chiese d’Abruzzo), ci appare spoglia, rispetto alla ricchezza di un tempo, eppure ancora straordinariamente interessante.

“La comprensione di un’opera d’arte” – sostiene Fabiana Di Tullio, l’esperta di beni culturali che ci accompagna – “non si esaurisce con la visita ad un museo, ma richiede la conoscenza dei luoghi e del contesto in cui l’opera stessa è stata ideata”.

Ancora consacrata, la chiesa è costituita da una navata centrale (Cappella di S. Sisto), con l’abside recante tre finestre gotiche, dalla navata sinistra (Cappella di S. Agata) e da una prima arcata della navata di destra (Cappella di S. Giuseppe).

 

Contiguo a quest’ultima, vi è l’oratorio della confraternita con affreschi del ’700, mentre il battistero a forma di edicola è ad arco a sesto acuto.

La facciata principale, in stile romanico-gotico, reca nell’archivolto del portale un affresco del XIV sec. raffigurante la Vergine. La parete al di sopra dell’abside è decorato con un grande affresco rappresentante la Crocifissione.

Nelle pareti frammenti di affreschi deteriorati.

Sul davanti della mensa dell’altare maggiore si nota un’iscrizione a caratteri poco decifrabili con la data del 1333, dando l’indizio di uno di quei periodi di rifiorimento di arte per cui la chiesa potè assumere importanza monumentale. L’agnello simbolico scolpito a bassorilievo a fianco dell’iscrizione riproduce la stessa iconografia di simili figurazioni esistenti sui portali aquilani.               

Della primitiva Chiesa del 1100 si conservano ancora alcuni elementi architettonici, come il muro di fondo, pilastri ed abside con belle monofore, inglobati nelle successive ricostruzioni ed ampliamenti del Quattrocento e del Seicento. La facciata laterale, riporta la data del 1807, riconducibile, forse, ad un ulteriore rifacimento, sino agli ultimi restauri degli anni 1967-68.

Se la facciata appare poco attraente, il suo interno un tempo raccoglieva opere d’arte d’ogni tipo. Conservava infatti, oltre al prezioso Trittico, dipinto a tempera su tavola a fondo oro (XV sec.), la Bibbia Atlantica (VIII sec.), il gruppo scultoreo della Madonnina con Bambino, il Presepe in terracotta policroma (XV- XVI sec.), attribuito da alcuni alla scuola di Silvestro dell’Aquila, da altri a quella di Saturnino Gatti. Alla Chiesa appartengono, anche, una croce processionale in argento del 1500 e le statue lignee dei SS. Diacono, Sisto e Pasquale.

Per secoli il Trittico, carico di una grande tettoia a cassettoni, era ubicato al sommo dell’altare maggiore della Chiesa di Santa Maria del Ponte (quasi a soffocare la piccola abside del Duecento), da dove venne rimosso per ragioni di sicurezza e conservazione, dopo il terremoto del 1915.

Successivamente fu esposto presso il Museo Nazionale d’Abruzzo. Dall’inizio del novecento l’intero territorio conosce un progressivo declino, con la crisi dell’economia pastorale e quindi dei conseguenti processi migratori.

Il Trittico è una splendida opera degli inizi del XV secolo, realizzata dal cosiddetto Maestro del Trittico di Beffi, ignoto pittore attivo nella Valle Subequana e l’Aquila tra la fine del ‘300 fino al 1420 circa.

Il pittore, autore di varie opere, tra cui gli affreschi di S. Silvestro a L’Aquila e in S. Giovanni Battista a Celano, prende il nome appunto da questo Trittico che è il suo capolavoro. Anche L’albero della croce ovvero delle sette parole, è attribuito al Maestro del Trittico di Beffi.

L’anonimo pittore potrebbe essere stato un adepto di Taddeo di Bartolo (1362/1363-1422) o di altri pittori abruzzesi, tra cui Andrea De Litio, noto per gli affreschi della cattedrale di Atri.

Beffi - che contrassegna la sua provenienza - è il nome di un piccolissimo villaggio medievale, oggi frazione di Acciano, che dista appena tre chilometri dalla Chiesa di S. Maria del Ponte. Giriamo nella silenziosa solitudine del piccolo borgo, che pur avendo sostanzialmente retto all’impatto del terremoto, oggi appare pressoché abbandonato.

Il terremoto ha nuovamente colpito la terra d’Abruzzo, devastando L’Aquila e decine di borghi limitrofi, compresi quelli del Parco Sirente-Velino, area di incomparabile bellezza paesaggistica, che sorprende per la ricchezza di monumenti d’arte e memorie storiche.

Il Trittico rimarrà esposto presso il Nevada Museum of Art fino all’11 aprile e completerà il tour americano presso il Getty Museum di Los Angeles (http://www.getty.edu/). Ma non sono escluse per il futuro altre tappe.

Note:

    il disegno: Edward Lear, tratto da “Illustrated excursions in Italy”, London, 1846;

1) facciata esterna della Chiesa di S. Maria del Ponte (foto di Antonio Bini);

2) Chiesa di S. Maria del Ponte e in evidenza l’Oratorio della Confraternita

(foto di Fabiana Di Tullio);

3) navata centrale: l’altare trecentesco e l’affresco della Crocifissione

(foto di Antonio Bini);

4) particolare dell’affresco dell’altare centrale (foto di Antonio Bini);

5) particolare di un altro affresco interno (foto di Fabiana Di Tullio);

6) abside: uno dei pochi elementi architettonici della primitiva Chiesa del 1100

(foto di Antonio Bini);

7) Borgo di Beffi: nello sfondo a destra si intravede Tione degli Abruzzi

(foto di Antonio Bini);
8) cartello all’entrata del piccolo Borgo di Beffi (foto di Fabiana Di Tullio).

 

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