Conferenza dei Giovani Italiani nel mondo 10-12 dicembre 2008
La cultura umanistica non è un pezzetto di stoffa.

11 dicembre 2008. -  Forse stamane, qualche mente critica,covava il presentimento che in questa Assemblea dei giovani italiani nel mondo saremmo giunti, per bocca dei politici e dei giovani delegati, a sentire discorsi retorici, in buon “politichese”, magari zuccherati da un po’ di nostalgia italiana da “ritorno dell’emigrante”. Tuttavia, a nobilitare ulteriormente i momenti introduttivi, dopo l’ufficialità profusa da Montecitorio, ci ha pensato il sottosegretario agli Affari Esteri Alfredo Mantica che, per dirne una, ha ricordato che “la cultura umanistica non è un pezzetto di stoffa”, come dire, un fronzolo non indispensabile, “ma parte integrante della persona, anche di un ingegnere” che, ha aggiunto, deve far proprio un sapere basato su una cultura di base non per forza immediatamente “tecnologica” o “utile”.

Che la crisi di fiducia nell’economia possa trovare una lunga strada risolutiva anche attraverso la cultura umanistica? Di “senso di sfiducia e di sconforto verso il futuro” ha parlato anche Mantica, riprendendo la delicata metafora della farfalla (l’economia) che muove le ali, vola e magari non la vedi e non la senti, soprattutto nei periodi che preludono ai momentacci di crisi. L’astrazione e la leggerezza della farfalla ci ricorda le letture per il terzo millennio che Italo Calvino aveva pensato come Lezioni, pubblicate postume come Lezioni americane (1988):

«La seconda rivoluzione industriale non si presenta come la prima con immagini schiaccianti quali presse di laminatoi o colate d’acciaio, ma come bit d’un flusso d’informazione che corre sui circuiti sotto forma d’impulsi elettronici. La macchine di ferro ci sono sempre, ma obbediscono ai bit senza peso. È legittimo estrapolare dal discorso delle scienze un’immagine del mondo che corrisponda ai miei desideri? Se l’operazione che sto tentando mi attrae, è perché sento che essa potrebbe riannodarsi a un filo molto antico nella storia della poesia.»

Per leggere il mondo, per maturarne una visione, vogliamo dunque credere che la voce della letteratura italiana sia ancora “utile”. Non togliamo però merito e peso specifico alla politica che, sempre secondo Alfredo Mantica, “è passione, voglia di costruire, impegno […] bisogno di partecipare alla creazione di un progetto”. La politica ha un senso se è in grado di dare visioni, “di fondare la città, lasciando ad altri il compito per costruirla: di architetti e ingegneri non ne mancano.”

A questo intervento è seguito un interessantissimo contributo della messicana Barbara Origlio che ha parlato a nome del suo gruppo di lavoro, formato da giovani delegati del Sud America. Lei ha elencato una serie di icone dell’italianità in America latina, parlando del porto come luogo dell’incontro, della partenza e dell’arrivo. Tra i simboli italici, i giovani argentini del suo gruppo hanno ricordato la Milonga (dove si balla il tango), i cileni hanno citato la Piazza Italia di Santiago del Cile, i colombiani menzionano il Convivio, luogo di incontro forse di memoria dantesca, la stessa Barbara ha messo l’accento sull’università e l’imprenditoria (pare che i veneti siano i maggiori produttori di burro in Messico). L’identità italiana è però un “percorso personale, una scelta, una conquista basata su tradizioni vissute.” È un fatto molteplice, non monolitico e sembra che questi giovani italiani abbiano il desiderio di promuovere una nuova italianità. Per far questo “bisogna recuperare la lingua, attraverso corsi gratuiti, anche nelle scuole pubbliche […] con accordi bilaterali tra l’Italia e gli altri paesi.”

“La lingua è un dovere morale, ma è soprattutto un diritto che ci deve essere garantito.” Un ottimo inizio: deciso, giovane e di una certa profondità.

 

(News ItaliaPress)