La mia amata Haiti

Di Paola Donati.

Pubblichiamo molto volentieri l'articolo "LA MIA AMATA HAITI" che ci ha fatto pervenire la nostra carissima amica Paola Donati che in quella bellissima Isola dei Caraibi ci ha vissuto per molti anni. Ci sembra molto importante ascoltare la voce di chi ricorda ancora la Città di Port-au-Prince com'era prima dell'immane tragedia del terremoto del 12 gennaio.

Il 15 gennaio abbiamo pubblicato "LA MIA HAITI" di Adalberto Cortesi. Oggi pubblichiamo i ricordi di Paola..

Non ci sono più i Palazzi del Potere (Palazzo Presidenziale e Congresso), non ci sono più la Cattedrale, le Chiese ed i luoghi di culto nei quali ognuno pregava il suo Dio, non ci sono più le Università e le Scuole dove si studiava e non ci sono nemmeno gli Ospedali nei quali ci si curava. Sono crollate anche le Ambasciate, le Sale cinematografiche, i Teatri e i centri sociali e sportivi dove ci si divertiva. La Capitale di Haiti ci offre oggi un panorama drammatico e agghiacciante. Le strade trasformate in cimiteri ed i parchi in ospedali all'aperto.

Manca tutto. Sembra l'Italia del dopoguerra. Speriamo che anche la tappa della ricostruzione assomigli a quella dell'Italia. C'è bisogno urgente della solidarietà di tutti e non ci stancheremo di invitare i nostri lettori ad unirsi e a partecipare con grande generosità alla gara di solidarierà promossa nel mondo intero. Dedico questa pagina di PUNTO D'INCONTRO a PIERO DONATI un carissimo amico che non c'è più e che ricordo sempre con grande stima, ammirazione e riconoscenza per il prestigio che ha saputo dare alla presenza dell'Italia ad Haiti e in Messico insieme a Paola.

 

Giovanni Capirossi

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21 gennaio 2010. - Il terremoto di martedì 12 gennaio ha distrutto Haiti portandosi via il ricordo di parte della mia infanzia e gioventù.

Quando toccai quella terra, dopo una lunga traversata via mare, mi sentii Cristoforo Colombo!

Come bambina rimasi incantata dal cielo, l'odore, la vegetazione, i fiori, la frutta e i tam-tam dei tamburi che chiamavano la gente alle cerimonie Vudù, culto catartico nato in Africa agli inizi del XVII secolo e importato dagli schiavi dell'attuale Benin ad Haiti e in altre isole delle Antille.

L'incantesimo durò fino a quando dovetti andare a scuola. Unica bianca in mezzo a neri e mulatti, fu un'esperienza da non dimenticare.

Parlando io francese con accento parigino, venni subito identificata come "ti blanc français", ossia, piccola bianca francese, e così cominciò il mio calvario.

La mattina mi aspettavano all'entrata della scuola con fionde e bucce di pompelmo e miravano alle mie gambe. Poi, appena possibile, mi tiravano i capelli e mi chiamavano "sporca bianca". Dopo un certo tempo, non ricordo bene quanto, un giorno ebbi una reazione violenta e fui io a chiamarli "sporchi negri". Santo rimedio. Da quel momento diventammo amici. Imparai rapidamente il "créole", lingua coloniale ibrida risultante dalla convivenza di coloni europei e abitanti indigeni, caratterizzata da una estrema semplificazione morfologica e sintattica. Durante tutti gli anni vissuti sull'isola mi sono sentita una di loro. Era una vita quasi da sogno comparata con quella dell'europa del del dopo guerra. La vita trascorreva felice tra mare, feste, ballo, assoluta libertà di circolazione e tante amicizie. Quando poi sopraggiunse il regime dittatoriale di F. Duvalier noi, privilegiati, non ne soffrimmo le conseguenze.

La gente, anche nella miseria assoluta, ha lasciato in me ricordi indimenticabili e meravigliosi. Tutti erano sempre sorridenti e pronti a ballare. La musica e la loro voglia di divertirsi supplivano ogni carenza.

Il giorno che sono partita, mi rivedo ancora, come se fosse accaduto ieri, seduta al finestrino dell'aereo, piangendo mentre contemplavo l'isola che, a poco a poco, si allontanava fino a sparire.

Sono passati ormai cinquant’anni. Ci sono tornata diverse volte e l'odore particolare di quella terra mi ricordava il mio primo arrivo e mi inebriava avvolgendomi in quell' atmosfera magica.

Molte amiche e amici non vivono più lì ma siamo sempre rimasti in contatto e non abbiamo mai dimenticato quegli anni meravigliosi.

Ho portato per le strade del mondo quei paesaggi e quei ricordi e quando qualcuno mi chiedeva da dove venivo, rispondevo sempre con il sorriso sul volto: da Haiti!!

Oggi piango per questa povera isola e per la sua gente, così bella e piena di sogni e di illusioni. Quando riuscìrono a liberarsi dalla Francia.

Purtroppo però la sfortuna li ha sempre accompagnati e, non si sa perché, sono stati abbandonati alla loro sorte.

Spero che, da oggi, il mondo e le organizzazioni internazionali, prendano le redini in mano e ricostruiscano la mia amata Haiti.

 

Paola Donati

 

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