Stop all'orologio della vecchiaia
basta dare una "pulita" alle cellule

Possibile bloccare accumulo delle proteine che favorisce l'invecchiamento.
Lo studio Usa, durato 5 anni, si è concluso con successo sul fegato di un topo.

11 agosto 2008. - E' la chimera che l'uomo insegue da sempre: beffare il corpo e piegarlo a una giovinezza artificiale. Gli scienziati dell'Albert Einstein College della Medicine Yeshiva University di New York City, come in un libro di Philip K. Dick, hanno sfiorato il traguardo cominciando dal fegato, l'organo più difficile da recuperare, per lo meno in vecchiaia.

L'esperimento, durato 5 anni, ha visto protagonista un topolino di 25 mesi, che tradotti in vita umana corrispondono a circa a 80 anni. Dopo aver bloccato l'accumulo di proteine dannose nelle cellule e aver quindi "ripulito" queste ultime, il fegato del piccolo animale funzionava come quello di un roditore di 6 mesi. Un po' come se quello di un nonno funzionasse come quello del nipote.

A capo della ricerca la biologa molecolare Ana Maria Cuervo che, sviluppando la tesi di uno studente, ha realizzato il primo studio mai svolto in materia sull'organo di un essere vivente. "Si tratta di una scoperta molto importante, soprattutto per lo studio delle malattie neurodegenerative", spiega la Cuervo. "Disturbi come il Parkinson e l'Alzheimer sono provocati proprio dal deterioramento cellulare progressivo. Siamo partiti da un'idea molto semplice: l'accumulo di proteine "di scarto" nelle cellule è la causa, e non la conseguenza, del loro invecchiamento. Ed è lì che siamo intervenuti".

Tutto comincia dallo studio del meccanismo di sorveglianza cellulare basato sulle cellule Chaperon, che traghettano le proteine dannose per depositarle in sacche di enzimi. Una volta sistemate, interviene una molecola recettore che si occupa del loro smaltimento. Purtroppo il funzionamento di questi recettori peggiora con l'età, e quindi per ripristinare il buon funzionamento della cellula è necessario "ripulirla", bloccando l'accumularsi delle proteine.

"Siamo riusciti con successo con il fegato - continua la Cuervo - ma lo sdoganamento proteico è qualcosa che si ripete universalmente in tutti gli organi del corpo, in tutti i tessuti. I meccanismi di sorveglianza cellulare sono principalmente due: uno basato sui proteasomi e uno sui lisosomi. Io, da ormai 18 anni (il tempo vola!), studio quest'ultimo e mi sono concentrata principalmente per cercare di capire come i lisosomi identificano le proteine danneggiate e poi le rimuovono".

Una scoperta che, si augura la biologa, potrebbe portare alla produzione di farmaci in grado di bloccare l'accumulo proteico. Senza dimenticare che lo studio interessa l'interno della cellula, non la sua parte esteriore, dunque per avere una pelle eternamente giovane ci sarà da aspettare ancora un po'. Gli anni che passano, del resto, sono una realtà inevitabile e la realtà, come scriveva Philip K. Dick, è quella cosa che, anche se smetti di crederci, non sparisce.

 

(La Repubblica.it)