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Storia della parola “Ciao”

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19 giugno 2020 (ore 15:10) - Ciao —secondo alcune fonti la parola italiana più celebre dopo pizza— deriva dal latino sclavum (schiavo), a sua volta variante di slavum, che indicava la situazione delle persone ridotte in servitù, durante un'epoca per lo più di provenienza slava.

A partire dal XV secolo, si introduce nella penisola italiana l’abitudine di salutare dichiarandosi schiavo della persona incontrata, in quanto mettendosi simbolicamente a disposizione dell’altro si esprimeva profondo rispetto, una pratica analoga all'uso dell'espressione «a sus órdenes», comune in alcuni Paesi di lingua spagnola, tra cui il Messico.

Da qui la parola ciao, che ha origine nel termine veneziano s’ciavo, con cui si intendeva dire appunto «sono schiavo vostro».

Nel XIX secolo il termine si cominciò a diffondere come saluto informale in Lombardia, dove s’ciavo venne alterato assumendo la forma che ancor oggi si utilizza: ciao. Questa variante si propagherà poi in tutta la Penisola e nel mondo.

Le testimonianze scritte

La prima attestazione scritta del vocabolo risale al 1818, quando Francesco Benedetti, tragediografo di Cortona, in una lettera parla del modo gentile in cui viene trattato dai milanesi e da una signora con cui si reca alla Scala: «Questi buoni Milanesi cominciano a dirmi: Ciau Benedettin».

Dello stesso anno è un’epistola di Giovanna Maffei, contessa veronese, che porge a suo marito i saluti del figlio ancora piccolo: «Peppi à appreso a dire il tuo nome, e mi disse di dir ciao a Moti». L’anno successivo, nel 1819, Lady Sidney Morgan, scrittrice inglese, descrive il modo in cui alcuni spettatori presenti presso la Scala si salutano con un «cordial ciavo».

La diffusione all'estero

Nel 1959 Domenico Modugno vinse a Sanremo con Johnny Dorelli cantando Piove. In realtà è il ritornello della canzone a raggiungere la popolarità con le parole «Ciao ciao bambina», che presto si diffonderanno all’estero nella trascrizione inglese «Chiow Chiow Bambeena», in quella tedesca «Tschau Tschau Bambina» e in quella spagnola «Chao chao bambina». Dalida la cantò nella versione francese.

Il linguista Nicola De Blasi (nel libro «Ciao», pubblicato dal Mulino) sostiene che la canzone di Modugno e di Dino Verde rappresentò la svolta decisiva nella fortuna internazionale della parola ciao, sebbene il termine fosse già noto oltre i confini italiani: in un romanzo francese di Paul Bourget del 1893, un personaggio diceva in italiano «Ciaò, simpaticone» e nei primi del Novecento veniva suonato un valzer intitolato «Ciao».

Il saluto, inoltre, si sparse ben presto in tutto il pianeta lanciato dai film neorealisti e dalle commedie all’italiana negli anni in cui il cinema del Bel Paese ebbe successo a livello mondiale.

La parola, infine, a seguito delle migrazioni degli italiani è entrata anche nel lessico di numerose altre lingue, sebbene quasi sempre unicamente per il commiato.

(massimo barzizza / puntodincontro.mx)

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